Critica

Estratto dal catalogo “XXXVII Premio Sulmona”

Duccio Trombadori

 

Molto legato al fascino muto dell’ideogramma, Innocenzo Odescalchi approfondisce il solco di una memoria visiva che a un certo punto sfuma in dissolvenze di materia cromatica disposta a creare fondi imprecisati, come zone corticali su cui depositare memorie a pena accennate, onirismi e sensazioni di paesaggi inusitati. Siano deserti siderali o sahariani, le sabbie dipinte da Odescalchi annegano simboli o reperti di civiltà: tavole cuneiformi si direbbero quelle calligrafie senza origine che compongono il serto delle sue pitture, così come l’arrivo di sagome d’aereo smaltate di vernice che le appaia al piano del fondale. Aerei da turismo, o caccia bombardieri. Memoria del Vietnam e della Mesopotamia infiammata: così il materiale cromatico bituminoso accende la fantasia del pittore memore-smemorato, vagamente orientato a raccontare una storia intrecciata di valori umani, cronache e disastri del nostro tempo.